Quanto riusciamo a stare senza il nostro smartphone?
- Carlo Colombo
- Mar 18, 2021
- 3 min read
Updated: Apr 20, 2021
In tempi non sospetti ebbi a coniare una frase che, allo stato delle cose, si è rivelata predittiva di quello che sta accadendo oggi, o meglio che sta accadendo al nostro cervello. La frase era: “L’informatica deve essere al servizio dell’uomo, non l’uomo al servizio dell’informatica”. Il tono ironico con cui la pronunciavo era in termini di attenzione, di cercare di evitare che tutto ciò accadesse, evocando nella mente del mio interlocutore le possibili conseguenze negative. Immancabilmente lui dubitava.
A distanza di un decennio circa, anche i neuroscienziati oggi stanno dicendo in coro che la tecnologia ci sta cambiando. Le nuove tecnologie stanno riformattando i nostri cervelli, anche se in modo non irreversibile. Il punto, dicono sempre i neuroscienziati, è che stiamo allenando il nostro cervello a pensare esattamente nella stessa maniera in cui utilizziamo lo smartphone.
Saltiamo da un pensiero all’altro così come saltiamo da un link all’altro. Tutto è diventato cliccabile, scaricabile. E, in un mondo sempre più connesso e sempre più distratto, l’attenzione è diventata merce preziosa. Forse più delle informazioni stesse. Oggi è proprio l’attenzione il vero business dei giganti del web, che ci vogliono vendere di tutto: prodotti, abbonamenti, vacanze last minute, stili di vita, proposte politiche.
Ormai è noto che il nostro cervello è stato progettato per essere sempre modificabile, per riconfigurarsi in base all’attività dei neuroni. La plasmabilità, la neuroplasticità del nostro cervello dipende però da come lo facciamo lavorare.
Vediamo un esempio. Tutti noi facciamo delle ricerche online. Spesso ciò accade anche per diverse ore al giorno, a volte per parecchi giorni di seguito. Ci alleniamo con impegno e costanza e, in questa palestra virtuale, diventiamo sempre più forti. Ma si tratta di un’unica attività, di una sola. Sicuramente, stiamo perdendo delle capacità da qualche altra parte. Come se in palestra continuassimo ad allenare a livello di braccia sempre e solo i bicipiti, trascurando tutti gli altri muscoli. Quale sarebbe il risultato? Bicipiti ipertrofici e sproporzionati al resto del nostro corredo muscolare.
Vediamo un altro esempio, sempre per comprendere meglio ciò che sta accadendo all’interno del nostro cervello. Nell’antichità di fronte ad un pericolo reale si attivava il circuito del pericolo e l’uomo primitivo metteva in campo risposte legate alla paura, all’istinto di sopravvivenza.

Ora lo smartphone, badate bene, rappresenta una trappola evolutiva, nel senso che ho sempre accanto a me o addosso a me una macchina che mi sta chiamando o che mi potrebbe chiamare in ogni momento. “Arriverà qualcosa?”, “Suonerà?”, “Perché nessuno mi cerca?”, “Sono trascorsi 32 secondi e nessuno risponde al mio messaggio. Forse che nessuno più mi considera?”.
Qualcuno ormai paragona lo smartphone ad una presenza fisica che ci sta risucchiando il cervello. Siamo in uno stato di allarme continuo, o meglio viviamo in una sorta di dipendenza da drogati compulsivi da schermo, da tastiera. Simile all’utilizzo e alle crisi di astinenza legati all’uso di sostanze stupefacenti, all’attivazione degli stessi circuiti neuronali, istintivi, primitivi del pericolo. Peccato che, a differenza dell’uomo primitivo per il quale cessato il pericolo, cessava anche la paura, tutto ciò porti ad una situazione di stress continuo, di necessità di un controllo compulsivo, fino ad arrivare ad atteggiamenti ossessivi.
Anche i Like, gli onnipresenti pollici alzati in segno di ottimismo prima, ormai sono diventati il barometro del nostro successo o insuccesso. È un affare terribilmente importante, visto che la popolarità del profilo social e i like ricevuti impattano sul nostro livello di autostima.
Tutti noi siamo alla costante ricerca nell’attivare, all’infinito, i circuiti neuronali che ci danno piacere.
E tu, almeno tu che leggi, dammi in minimo di soddisfazione. Dimmi che riesci a stare almeno un’ora al giorno senza il tuo smartphone. Non è così?
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