"La ricetta della mamma". Un Faletti comico, con una vena di malinconia.
- Carlo Colombo
- Mar 25, 2021
- 3 min read
Dopo la recensione de “La piuma”, una fiaba sul significato dell’esistenza, questa volta la scelta cade sul Faletti scrittore comico e ironico. “La ricetta della mamma” è frutto della fantasia di Giorgio nella metà degli anni 2000, pubblicato postumo da “La nave di Teseo” nel 2018. Da questo scritto breve è tratto, con alcune variazioni sul tema, l’omonimo cortometraggio girato ad Asti. Mentre nel racconto, senza citarla esplicitamente, siamo a Milano. Divertente il corto, da vedere in internet! Prende solo una quindicina di minuti. Meglio, secondo me, leggere prima il racconto, lo si fa in poco più di mezz’ora, per poi passare al video. Mi raccomando non viceversa!
Veniamo ora alla trama di quello che possiamo definire “un tragicomico gioco del destino, pardon! dell’intestino”.

Mico Torre è un freddo e spietato sicario che si introduce nell’appartamento di Lanfranco Giussani, un manager donnaiolo che è spesso fuori per lavoro, per compiere la sua missione. Perché lo fa? Presto detto, la finestra dell’appartamento si trova esattamente di fronte al tribunale dove, il giorno seguente, si celebrerà un importante processo con un testimone chiave, le cui rivelazioni minacciano personaggi altolocati. Il suo compito è semplice: uccidere il testimone e sparire. Un lavoro pulito come sempre. Mico nel suo lavoro è, infatti, considerato uno dei migliori, anzi lui si ritiene il migliore. Ma questa volta, nell’elaborazione del suo piano criminale non ha calcolato la ricetta della mamma e le sue imprevedibili conseguenze.
Mentre è in casa nell’attesa del mattino dopo, a metà pomeriggio, sente l’ascensore che sale, un rumore di chiavi nella serratura, si nasconde in bagno: è il portinaio che posa un piccolo pacco postale sul tavolo in cucina. Mico è curioso, lo apre e vi trova sei barattoli di vetro, ripieni di invitanti peperoncini rossi sott’olio, ai quali non sa resistere. Gli ricordano troppo quelli che gli preparava sua madre. Ma questa volta esagera mangiandone ben quattro barattoli (roba da Guinness dei primati e da vincitore del “Peperoncino Festival” che si svolge ogni anno a Diamante, in Calabria). L'indomani proprio nel momento in cui dovrebbe premere il grilletto, gocce di sudore gelato e uno tsunami gastrointestinale bloccano la sua azione criminosa. L’unica via di fuga è il bagno...
Mercedes Della Bona, impicciona e vicina di casa del Giussani, di anni sessantotto, aveva capito che qualcosa non andava. Non erano i soliti gemiti di piacere al femminile che provenivano dall’appartamento confinante, ma un altro tipo di rumore. Gemiti strozzati che provenivano dal bagno, come se stessero scuoiando un cristiano, seguiti dal rumore dello sciacquone…
Sinceratasi con Filippo, il portinaio che il Giussani era assente, subito aveva avvertito la polizia che aveva colto il killer in fragrante, diciamo che era nell’atto di liberarsi della refurtiva… Anzi il malcapitato in manette, prima di uscire dall’appartamento aveva chiesto di andare ancora in bagno un’ultima volta.
Morale “ne uccide più la gola, che la spada”. Con questa perla di saggezza della signora Mercedes si chiude il racconto...
La vena comica di Faletti lascia anche un pò di spazio alla malinconia. Mi riferisco al ricordo che Mico ha della madre, una donna che si era schiantata di lavoro per tirare su da sola quel figlio senza un padre, che si era spenta come una candela divorata da una malattia incurabile… e ora Mico si trova, invece, di fronte ad un Giussani, donnaiolo impenitente che non aveva neanche il tempo di andare a trovare la madre nel giorno del suo compleanno… che ignorava la fortuna di cui era depositario... avere accanto a sé una madre che gli voleva bene...
Forse questa è la sola, vera ricetta della mamma?
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