Il nostro cervello sta cambiando? Forse che sì, forse che no.
- Carlo Colombo
- Mar 14, 2021
- 2 min read
Updated: Mar 18, 2021
I neuroscienziati da tempo affermano che la tecnologia sta cambiando il nostro cervello. Lo alleniamo a pensare, nella stessa maniera con cui utilizziamo lo smartphone. Saltiamo da un pensiero all’altro, così come saltiamo da un link all’altro: tutto è diventato cliccabile, scaricabile.
Gli studiosi ci dicono che il nostro cervello e le sue interconnessioni strutturali si modificano durante il corso di tutta la nostra esistenza. La capacità del cervello di modificare la propria struttura in risposta all’esperienza, prende il nome di neuroplasticità. In buona sintesi, i cambiamenti che avvengono all’interno del nostro cervello dipendono, in larga misura, da “come noi lo facciamo lavorare”.
Facciamo un esempio banale. Per andare in un luogo qualsiasi, basta cliccare su Google Maps, inserire l’indirizzo, scegliere il mezzo di locomozione. Lo smartphone proporrà alternative di percorso, indicherà il tempo di percorrenza e ci guiderà verso la nostra meta.
Una volta era un po’ diverso, avevamo a disposizione una cartina, informazioni fornite da qualche passante a volte corrette, a volte no. La ricerca era, dunque, uno stimolo, un’attività ben precisa, una sorta di sfida per il nostro cervello.
Oggi, affidarsi ad un dispositivo esterno rimuove ogni possibile sforzo: è molto più comodo, ma il nostro cervello perde progressivamente alcune funzioni. Non lo sfidiamo più a ricostruire mentalmente lo spazio, a orientarsi. Le aree del cervello che interagiscono quando siamo alla guida della nostra auto, si spengono completamente quando ci affidiamo ad un navigatore satellitare.

Vediamo un altro esempio. Tutti noi navighiamo online e diventiamo così più esperti, più allenati. Ma si tratta di un’unica attività, di una sola: stiamo perdendo capacità da qualche altra parte. Basti un semplice confronto tra il leggere su internet e su carta.
Quando navighiamo il nostro occhio si muove a zig-zag, in un eterno zapping: la sequenza di movimenti dei nostri occhi richiama il movimento di uno sciame d’api. La velocità vince sull’ attenzione, sulla comprensione di quello che sta scorrendo sotto i nostri occhi. Quanto ci ricordiamo di tutto quello che scorre sotto i nostri occhi, al tocco instancabile del nostro dito indice?
La lettura di un libro prevede, invece, un percorso lineare, non vi sono salti bruschi. L’atto volontario di girare la pagina, consente di prendere il tempo necessario per comprendere quello che stiamo leggendo. Sottolineare, approfondire, fare collegamenti, rileggere, memorizzare, sono tutte abilità importanti che via via perderemo, se navighiamo sempre e solo in internet.
Quali contromisure prendere? Tutto è ancora in divenire: le ricerche in corso evidenziano quanto ci sia ancora da capire sull’impatto del mondo digitale sul cervello. Intanto, nell’attesa di nuovi studi sull’argomento, vi invito fin d’ora a leggere un buon libro. In questo caso, non troverete mai delle controindicazioni.
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