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I favolosi anni Sessanta. Seconda puntata.

  • Writer: Carlo Colombo
    Carlo Colombo
  • Mar 23, 2021
  • 3 min read

Updated: Mar 25, 2021

Nella piazza del mio paese, in un angolo, mi ricordo che era posta una bacheca in legno. Qui venivano affissi i manifesti dei film in programmazione nelle sale dei paesi vicini. Sean Connery nei panni di James Bond, era circondato sempre da belle donne. Ciò che si vedeva o s’intravedeva catturava la fantasia di noi ragazzini, vittime sacrificali dei tagli della censura parrocchiale.

I bar si dividevano in due categorie. Quelli sportivi e quelli legati ai partiti politici. I bar dei tifosi non ammettevano commistioni: c’erano le sedi dell’Inter, del Milan e della Juve. Altre squadre, avendo uno scarso seguito, non avevano i numeri per conseguire la dignità di club. I derby erano sempre il momento più critico. Qualche bar era rimasto fuori dalla mischia. Il proprietario non professava nessuna fede calcistica. Per non far torto a nessuno e, soprattutto, nella speranza di avere qualche cliente in più.

I bar legati ai partiti politici di solito si chiamavano circoli: c’era quello del Partito Socialista, quello del Partito Comunista. Per distinguerli quello socialista, più grande come dimensione e allocato su due piani, era il circolo; quello comunista, più piccolo, il circolino. I democristiani, da sempre divisi in troppe correnti, non avevano un bar di riferimento. I più preferivano, dopo la messa del sabato sera, prendersi un caffè al bar delle ACLI.

Quando c’erano le feste dei partiti, per me era un momento di vacanza.

Al mare andavo solo con mio padre, un anno sì e un anno no. Non si poteva scialare. Mia madre considerava il tutto una perdita di tempo e rimaneva sempre a casa. Venne un solo anno, ma il combinato disposto di acqua salata e sole le provocò una psoriasi alle gambe. Rimase praticamente sempre sotto l’ombrellone. Le “mete esotiche” si chiamavano Rimini le sue frazioni affacciate sul mare (credo di esserci stato in quasi tutte): Rivazzurra, Rivabella, Bellariva, Viserba, Viserbella, Marebello e Torre Pedrera. Una volta sono stato anche a Riccione. (Ma forse eravamo già negli anni settanta. E questa è un’altra storia). Il soggiorno non durava più di una settimana, evitando agosto, il mese più caro. Erano iniziate le vacanze di massa, anche la classe operaia, non potendo andare in Paradiso, almeno andava al mare. Oltre agli ombrelloni, alle sdraio, ai lettini c'erano anche le cabine per mettersi il costume. Non era come quando andavi a fare il bagno nei canali o al fiume Ticino. Li bastava l'asciugamano.

Un anno al festival dell’Unità a Rimini vidi da vicino un giovanissimo Lucio Dalla, allora clarinettista dei Flippers. Lo rividi anche il giorno dopo allo stadio all’incontro amichevole Inter - Rimini, in bermuda e canottiera. Gli spuntavano una gran quantità di lunghissimi peli. Sembrava una scimmia e addentava, sorridente, uno spiedino di frutta candita. Il vero successo doveva sorridergli, sette anni dopo, con “4 marzo 1943”.

Al ritorno dal mare la vacanza continuava. Allora la scuola apriva i cancelli solo a ottobre. Ma si rimaneva subito a casa, perché il 4 si festeggiava San Francesco d’Assisi.

Per me il momento migliore era settembre. Verso la fine del mese la natura assumeva delle tinte rosse e gialle. La terra arata emanava un profumo particolare che ti rimaneva gradevolmente nelle narici, fino a sera. Poi quando mi coricavo, mettevo subito il naso sotto le lenzuola, per evitare che l’effetto svanisse in fretta.

Comunque la scuola iniziava e bisognava andarci. La cosa però non mi dispiaceva. Mi appassionavano le ricerche. Allora non c’era il computer, il tablet, Wikipedia e il “copia e incolla”. Le mie uniche fonti d’informazione erano i volumi del Conoscere e Scienze Naturali, ma bastavano o, meglio, dovevano bastare. Ogni anno a Natale la mia balia mi regalava un volume del Conoscere. Per me era il più bel regalo che potessi ricevere, fatto con amore, meglio dei giocattoli. Il sapere si rinnovava di anno in anno. Adesso si brucia in un istante e non rimane nulla. Nessuno prende più appunti. Istante dopo istante, distruggiamo il sapere.

La settimana non era così pesante perché si stava a casa il giovedì, eredità del regime fascista. Purtroppo l'usanza, sparì da lì a poco. A scuola mi portavo la merenda, mentre i figli del medico del paese nell’intervallo prendevano il tè con Suor Stefanina. Very british, of course! All’epoca le suore, oltre a gestire l’asilo infantile, erano anche insegnanti.

Ricordo però che la cosa mi dava molto fastidio. Una volta mi venne offerto il tè per puro caso, perché non ero ancora rientrato in classe dopo l’intervallo. Declinai cortesemente l’invito. D’altro canto, dovevo essere coerente con la mia tradizione familiare. Mio padre era segretario della locale sezione del P.C.I. “Antonio Gramsci.”

(continua...)

 
 
 

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