Da Egostrutture a Expo 2015: i tre colori primari s'incontrano di nuovo.
- Carlo Colombo
- Apr 19, 2021
- 3 min read
Updated: May 3, 2021
L’Expo 2015, si è svolta a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre, ha sviluppato la tematica “Nutrire il pianeta, energia per la vita” e ha visto la partecipazione di più di 21 milioni di visitatori. Pochi o tanti ? Ben pochi direi, considerato che a dar retta alle previsioni si stimavano in arrivo a Milano oltre 70 milioni di persone, provenienti da tutto il mondo. In ogni caso, "la grande Milano" è riuscita a replicare almeno i numeri di Chicago. Un solo neo: eravamo nel lontano 1893!
A proposito del logo, vediamo come veniva descritto sul sito dell’evento:“Giallo, blu, magenta. I tre colori primari si incontrano dando vita a tante nuove sfumature. Quattro lettere (EXPO) e quattro cifre (2015) si sovrappongono realizzando un unicum visivo dove gli effetti cromatici s’intrecciano in una forma inedita.
Il logo di Expo Milano 2015 nasce nel 2011 da un concorso che ha coinvolto studenti e neolaureati delle scuole di design e arti, architettura, moda, disegno industriale e grafica pubblicitaria. Scelto tra 710 progetti creativi, il logo vincitore è opera di Andrea Puppa e rappresenta un segno di luce e di vita in cui tante energie si incontrano e si moltiplicano”.

Allora nel lontano 2015 guardavo e riguardavo il logo di Expo, considerato che invadeva ogni mezzo di comunicazione, mi sembrava un qualcosa di già visto. Non riuscivo però a ricordare dove: un libro, una rivista, un poster, un filmato? Nonostante l’immagine fosse sotto i miei occhi da diverso tempo, non mi ricordavo dove avessi già notato qualcosa di simile.

A quell'epoca stavo concludendo la stesura di un libro sulla vita di Osvaldo Piccardo (1912-2003), pioniere del cinema d’animazione, pubblicitario, scrittore, editore, filosofo: in breve, personaggio decisamente originale e poliedrico. Di lui basti ricordare, nel mitico Carosello, "Ulisse e l'ombra" del caffè decaffeinato Hag e la diatriba sulla paternità de "La Linea" della Lagostina con un altro Osvaldo, Cavandoli. Il mio interesse nei confronti di Piccardo scaturiva dal fatto che aveva vissuto, con la moglie Pasqua La Rocca, da lui chiamata Eva, nella casa in campagna a Rocca d’Arazzo, dove io sono approdato nel 2010 con mia moglie Laura e mio figlio Edoardo.
Tra le fonti in consultazione per questa mia ricerca vi era anche un libro, scritto dallo stesso Piccardo: “Egostrutture – per una antropologia globale”, edito dalla casa editrice Gangemi di Roma nel lontano 1993, con la prefazione del filosofo e sociologo francese Edgar Morin.
Sulla copertina del libro, circa vent’anni prima della nascita del logo Expo, i tre colori primari si erano già incontrati dando vita ad una nuova creatura, una sorta di uomo vitruviano stilizzato. La realizzazione grafica, come si può leggere all’interno del libro stesso, è dovuta a Bruno Munari, amico di Osvaldo Piccardo. Munari non ha certo bisogno di presentazioni. Basti ricordare che è definito uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del ventesimo secolo. Semplice coincidenza o altro?
Pur non avendo a disposizione elementi di conoscenza circa la genesi del logo Expo, mi è venuto spontaneo pensare che l’ideatore abbia in qualche modo potuto trarre ispirazione, abbia visto, intravisto, si sia più o meno ricordato del disegno di Munari. Chi lo può sapere? Non ho alcuna certezza, ma a me il dubbio è rimasto.
Concludo con una frase dello stesso Munari che forse ci può aiutare in tutto questo: “Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch'io, vuol dire che lo sa rifare altrimenti lo avrebbe già fatto prima”.
L' ironia della sorte ha voluto che nella giuria selezionatrice del logo ci fosse anche Gillo Dorfles, critico d’arte, pittore, filosofo e accademico di chiara fama, nonché amico di Osvaldo Piccardo e di Bruno Munari.
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