Creativi si nasce o si diventa? (Creatività 1)
- Carlo Colombo
- Apr 19, 2021
- 4 min read
Updated: May 3, 2021
Iniziamo con una domanda: “La creatività è innata o si può imparare?”
"Bella domanda!", direte voi. “Semplice e potente, nello stesso tempo”, rispondo io. Certo è che se rispondiamo che è innata, possiamo salutarci fin d’ora e lasciarci con immutati sentimenti. Perché chi ce l’ha nel proprio DNA, come una sorta di combinazione unica, originale, continua ad averla. Invece chi non ce l’ha, seguiterà a non possederla.
Dato che è ragionevole pensare che si possa apprendere e allenare, allora possiamo stare tranquilli e proseguire la lettura. Bene, vediamo qualche definizione.
Qualcuno ha scritto che la creatività è, innanzitutto, una questione di atteggiamento che:
riguarda tutte le persone;
può aiutare in molte situazioni della vita quotidiana;
si può apprendere con l’esercizio.
Normalmente il termine creativo, nel senso comune, nell’immaginario collettivo, è spesso associato alla figura dell’artista: il connubio classico di genio e sregolatezza. Tanto per non fare nomi, ma solo cognomi… Da Vinci, Einstein, Mozart e da qui l’elenco può proseguire per molte, moltissime pagine.

La creatività è fatta di regole: non ci sono essere umani che possono essere assimilati a distributori automatici di fantasia. Strano a dirsi, alla base della creatività ci sono, invece, due fattori importanti, ingredienti fondamentali per generare un’idea che funzioni:
il tempo;
l’impegno.
A questo punto nel tentativo di dare una definizione di creatività, mi piace ricordare una frase, del seguente tenore:
“Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”.
La definizione, coniata nel 1929, è di Henri Poincaré, famoso matematico e fisico francese, nato a metà dell’ottocento. Da questa definizione possiamo ricavare che la novità e l’utilità sono concetti imprescindibili: essere creativi significa rompere, uscire dalle regole esistenti per crearne altre che riteniamo migliori. A patto che il tutto generi cose, meccanismi, processi, organizzazioni funzionanti.
A proposito dimenticavo di dire che la creatività non è nemica della routine, ma ne è il complemento naturale. Maslow, quello famoso della piramide dei bisogni, ebbe a dire che: “La vita è uno stretto intreccio di routine e creatività”. Sembra un paradosso, ma se ci pensiamo bene scopriamo che le tecniche di creatività possono essere molto utili per completare il normale funzionamento di un’organizzazione aziendale, sociale e così via.
Il pensiero creativo viene definito anche come “la capacità di trovare soluzioni alternative ad un problema”. Detto in altri termini, possiamo dire che “per ogni problema ci sono almeno (sottolineo almeno due volte) due soluzioni”.
Se però consideriamo la realtà di tutti i giorni, vediamo che anche noi, come la maggior parte delle persone, quando ci troviamo di fronte ad un problema, siamo portati a ricercare una risposta. Una sola risposta. Ovviamente, deve essere quella giusta, unica e partorita in tempi brevi. Ciò accade in quanto pensiamo che ad ogni problema vi possa essere una ed una sola soluzione: quella corretta. La difficoltà risiede, solo, nel trovare tale soluzione. In questo modo utilizziamo il cosiddetto “pensiero convergente”. La scuola ci insegna che si deve applicare il pensiero verticale, lineare e un insieme di regole e processi per raggiungere un’unica soluzione. Questo non è negativo, serve a trovare la soluzione di un’equazione, di un’integrale, di un problema. In molti altri casi tutto questo non basta.
Le persone creative fanno uso, anche, di un “pensiero divergente”, che è l’opposto del convergente. Infatti, si affronta il problema non per cercare la risposta corretta, ma per elaborare diverse soluzioni, possibili risposte, condivisibili e alternative. Chi utilizza il pensiero divergente non ripete soluzioni già apprese, ma produce pensieri, risposte, modelli e idee del tutto nuove.
Vediamo i quattro ingredienti che sono alla base del pensiero divergente o laterale:
fluidità, la capacità di fornire il maggior numero possibile di risposte ad una domanda, ad un problema;
flessibilità, il numero di categorie concettuali alle quali le nostre risposte possono essere ricondotte;
originalità, ovvero la capacità di esprimere idee nuove e innovative;
elaborazione, ovvero l'abilità di dare concretezza alle proprie idee. Detto in altre parole, perché una risposta sia creativa non è sufficiente che sia innovativa: deve anche funzionare. Le soluzioni apparentemente geniali, ma inutili non servono a nulla.
In ogni individuo, questi quattro fattori sono presenti in numero e intensità diverse. Non tutti siamo uguali: e questa è sicuramente una buona notizia. Il lavoro di gruppo, il brainstorming, potente alleato della creatività, e altre dinamiche di interazione permettono di sfruttare questa varietà con effetti sinergici. Due più due fa …almeno cinque. Se no a che cosa serve fare squadra? Meglio da soli che male accompagnati.
Prima di procedere, è bene chiarire una cosa. Nessun pensiero è migliore di un altro. Il pensiero convergente è utile e necessario in numerose occasioni. Tuttavia, il vero problema è che siamo stati “addestrati” a pensare in un solo modo, lasciando da parte la spontaneità.
In ultima analisi, coltivare la creatività e il pensiero divergente significa, soprattutto, dare meno spazio a scelte automatiche e meccaniche. Affinare lo spirito critico ci aiuta ad analizzare e valutare le soluzioni alternative di un dato problema o della realtà che ci circonda.
Perché oggi è urgente essere ancora più creativi di quanto lo siamo stati in passato?
Almeno per due fenomeni tra di loro correlati:
il cambiamento c’è sempre stato. Infatti, anche Eraclito diceva che: “Vi è una sola cosa che non cambia, il cambiamento”. A differenza di allora, il cambiamento ha subito una fortissima accelerazione in tutti gli ambiti: famiglia, società, organizzazioni, stati.
la complessità è aumentata. Con uno slogan possiamo dire che: “tutto è in relazione con tutto”.
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